C’è stato un periodo a cavallo tra il 2018 e il 2019, durante l’esperienza di governo gialloverde con Giuseppe Conte come premier in cui Matteo Salvini e il partito del carroccio godevano di ampi consensi in tutto il paese. Praticamente, la Lega volava, forse anche più del Movimento 5 Stelle, vincitori delle elezioni politiche del 2018.
Oggi la Lega è ridotta quasi ad essere lo zombie di sé stessa, causa anche varie problematiche interne: la dipartita del curatore delle pagine social Luca Morisi e lo scandalo della droga ad esso collegato, strategie comunicative sbagliate, oltre ad una serie di strafalcioni commessi da Salvini ora in televisione ora nelle piazze in cui ha tenuto comizi. Ma nel 2018/2019 Salvini camminava sulle acque, all’occorrenza le divideva, moltiplicava pani e pesci e lievitava a tre metri da terra. Ancora prima che essere un capitano, era un santo per le folle che lo idolatravano, tanto che anche Barbara D’Urso non potette non invitarlo come ospite a Live – non è la D’Urso a “confrontarsi” con la Parietti, con Asia Argento e compagnia bella.
Oggi a dominarla nel centro-destra e tra le forze politiche è Giorgia Meloni, che nonostante la nullità di compagine governativa che ha tirato su continua a godere di ampio consenso e popolarità. Facile parlare per slogan, specie quando si buttano al cesso tutti quei “niente migranti, affondiamo le navi delle ong”, quei “basta accise sulla benzina” e quei “no agenda Draghi” (che oggi pare essere la stella polare di questo esecutivo) urlati come farebbero i pescivendoli al mercato la domenica.
Ma torniamo a Salvini, e al suo consenso del 2019. Come ci era arrivato fin lì? La risposta non può che essere una: come la Meloni. Urlando (con toni più pacati, ma forse neanche tanto) e inveendo contro migranti, contro l’Europa, prendendo di mira questo o quell’esponente “di sinistra” dileggiandolo sui social e in piazza (la bambola gonfiabile della Boldrini qualcuno se la ricorda?). E da quando la Lega ha cambiato il nome eliminando il termine “Nord” dal nome del partito è stato tutto ancora più semplice. Il termine “Nord” infatti, certamente lasciava molto a desiderare quegli elettori non-settentrionali, i quali erano presi di mira in una prima fase politica di Salvini. Era stesso Salvini e la Lega a richiedere a gran voce che la Padania uscisse dall’Italia e dall’Europa, per non avere contatti con l’euro, con i migranti, e tutte le problematiche varie ed eventuali. Piuttosto che trovare risoluzioni, ha sempre preferito ignorare e puntare al populismo più spicciolo, becero, sparando sentenze e luoghi comuni aizzando le masse un giorno sì e l’altro pure.
Vi viene proposto, in questo post, un breve filmato di un “giovane” Matteo Salvini che, in un raduno con la sua gente, con tanto di birra in mano, intona un coro decisamente “divisivo” (per non dire “razzista”, guai a chiamare col proprio nome o col proprio aggettivo un’azione del genere) contro Napoli e contro i napoletani. Un video che anche a distanza di anni viene difeso a spada tratta dai suoi elettori, anche quegli stessi elettori meridionali dileggiati in soli venti secondi o poco più. Forse quei “colerosi e puzzolenti” napoletani sono quelli che mandano avanti la vita del partito di Salvini e di tutta la baracca centro-destra, e senza i loro voti non potrebbero minimamente governare questo paese. Ma ciò che stupisce di più è come questo video venga difeso: “era tanto tempo fa, ora è cambiato”, oppure “in realtà lui stava criticando l’amministrazione napoletana, non il popolo napoletano”.
Sia come sia, certo è che le cose sono decisamente cambiate, e ciò che un tempo veniva cantato od urlato contro i meridionali, oggi viene rivolto agli immigrati e ai rom, ogni qualvolta che venga sguinzagliato un cagnaccio leghista o meloniano in televisione: Bignami, Donzelli, Ceccardi, Sardone… Tutti quei luoghi comuni come “ci rubano il lavoro, ci stuprano le donne, portano sporcizia e malattie”, per non parlare di quell’obbrobrioso termine del “carico residuale” citato in questo esecutivo dal ministro dell’interno Piantedosi (sul sito della Treccani è stato anche rilasciato, in data 17 novembre 2022, un articolo in cui approfondiscono la questione lessicale della frase citata dal ministro).
Al di là delle opinioni politiche, secondo voi come può un meridionale votare e addirittura difendere un politico così indifendibile come Salvini dopo tutto ciò che ha detto nei confronti del meridione? È davvero così bravo lui a fare politica, o così stupido il popolo che abbocca (oltre che privo di memoria storica)? Ma soprattutto, come può ricoprire un ruolo come quello del vice-premier della nazione che fino a neanche un decennio fa voleva a tutti i costi dividere in Nord e Sud? Misteri inspiegabili, ma che in Italia sono ormai da anni la normalità su cui nessuno più si interroga, sebbene sia cosa buona e giusta che qualcuno ancora si ponga domande in materia. A voi l’ardua sentenza.
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Tu, napoletano, da secoli bistrattato, declassato, escluso e svalutato, esiliato con forza dalla tua terra, che ti vanti e ti fregi della tua coerenza e del tuo onore solo in curva mentre canti cori della stessa caratura sociale di una Faccetta nera qualsiasi. Tu, napoletano, che la sola guerra che riesci a fare è quella che porti avanti contro gli juventini, esaltato nella tua ciucciaggine culturale che stupidamente e presuntuosamente ritieni essere anche al di sopra della media.
Tu, napoletano, così pieno e ricco di risorse che per metà s’offrirebbe vista, ma così povero degli strumenti anche intellettivi per potere appieno usufruire: un cane sedato e stordito da chi ha interessi nel vederti tramortito disteso a terra. Tu, napoletano, che hai preferito arrenderti al nemico, hai deposto le armi, come in preda alla peggiore sindrome di Stoccolma, che al seggio esercitando il tuo sacrosanto diritto hai deciso di autoinvitarti come agnello sacrificale alla festa del 4 luglio americano. In pasto al lupo. Anzi, in basto alla bestia, così, giusto per citare quella pagina a lei dedicata. Che per inciso, di bestiale ha poco e niente.
Tu, napoletano, che gridi, urli e ti sbracci solo quando ti pare e piace. Che hai distrutto già la tua regione, e cerchi in tutti i modi di affossarla con tutti i mezzi che hai. E quindi prima sversi rifiuti tossici, poi passi dalla parte sbagliata della storia, e voti Lega come se votassi un Salvemini convinto. Eppure eri tu il coleroso, che strano. A Nord ancora ti tagliano fuori se parli un altro dialetto, e nonostante le prese di posizione e di distanza da parte della bestia, ancora c’è chi dichiarandosi leghista si rifiuta di prenderti a lavorare o persino di affittarti una camera.
Che brutta fine che hai fatto, napoletano. Che ti auguravano di lavarti presto con un’eruzione del Vesuvio, ma ti è bastato alzarti per credere di farti un piacere per distruggerti da solo con le tue mani, senza neanche scomodare madre natura.
Come fai a lamentarti dopo aver creduto a simili bassezze, sciocchezze e nefandezze? Peraltro dopo averle anche difese? Con quale faccia ora parli di stato sociale e di promesse tradite se ti sei volontariamente buttato tra le braccia del tradimento e del traditore? Non sembra vero, eppure è ciò che è successo, che ci si creda o meno. Come attratto da un buco nero, tu, napoletano, non ti sei potuto tirare indietro. E hai lasciato che ti inghiottisse, senza battere ciglio.